Approccio integrato

Approccio integrato vuol dire utilizzare in modo congiunto diverse tipologie di terapia.

Anche se in molti casi la psicoterapia individuale ha dimostrato un soddisfacente livello di efficacia, infatti, la ricerca ha ormai mostrato oltre ogni ragionevole dubbio che un approccio integrato è in alcuni casi preferibile e in altri decisamente necessario.

Per quanto riguarda i disturbi d’ansia e dell’umore, in particolare, utilizzare un approccio integrato vuol dire associare alla psicoterapia individuale una o più di queste modalità terapeutiche:

  • psico-educazione: consiste in una serie di colloqui in cui al paziente viene spiegato in modo chiaro e comprensibile quali sono le caratteristiche del proprio disturbo e quali comportamenti della vita quotidiana sono utili o dannosi nel suo particolare caso;
  • psicoterapia di gruppo: a volte viene usata per conoscere il proprio disturbo assieme ad altre persone che ne soffrono, per sentirsi meno “isolati” e confrontarsi sui molti modi diversi che esistono per affrontarlo. In altri casi viene utilizzata quando il problema è finalmente migliorato, in modo da mantenere un periodico momento di confronto. Questo elemento si è rivelato molto efficace nel prevenire le ricadute, dato che permette spesso di comprendere per tempo la ricomparsa del problema ed affrontarlo quindi con maggiore efficacia;
  • psicoterapia famigliare: sono colloqui a cui partecipa tutta la famiglia o, in alcuni casi, i soli famigliari di chi soffre del disturbo. A volte serve per spiegare ai famigliari di cosa soffre il paziente, in modo che possano capire al meglio come aiutarlo. In altri casi può servire per comprendere assieme quali fattori delle relazioni in famiglia siano di eventuale ostacolo al miglioramento di chi ha sviluppato il problema e ad elaborare efficaci strategie per gestirlo;
  • supporto farmacologico: come è possibile leggere nella sessione appositamente dedicata ai farmaci, essi sono a volte di grande utilità. Servono ad attenuare i sintomi più sgradevoli e permettono quindi di affrontare con maggiore facilità i propositi di cambiamento maturati durante la psicoterapia.

 

 

terapia di gruppo

La Psicoterapia di gruppo

Studi recenti sui neuroni mirror (Rizzolatti, Gallese) hanno confermato la natura profondamente “sociale” (gruppale) dell’uomo. Si è riacceso così l’interesse per la straordinaria importanza che il gruppo ha come strumento a livello psicoeducativo, riabilitativo e terapeutico, superando i pregiudizi che ormai appartengono ad una visione riduttiva e rigida della conoscenza scientifica e che non rispondono più alle esigenze di un approccio clinico alla complessità.

La terapia di gruppo ha infatti ormai dimostrato tutta la sua efficacia nel trattamento di quasi tutti i distrurbi psicologici.

Centro Cognitivo utilizza la psicoterapia cogntivo-comportamentale di gruppo in diverse situazioni, sia come forma autonoma di intervento che, più spesso, integrata con altre modalità terapeutiche.

Le principali tipologie di gruppo sono:

Informativo-educativo e di supporto al problem-solving: sono gruppi di durata limitata nel tempo, spesso formati da pazienti che soffrono dello stesso disturbo. Sono estremamente utili per sviluppare una conoscenza/consapevolezza del disturbodo cui si soffre, per conoscere i metodi più efficaci per affrontarlo e per condividere e discutere la messa in pratica di questi metodi.

Di condivisione: sono gruppi di durata più lunga, finalizzati a condividere nel medio periodo con alre persone la fatica di affrontare un particolare problema. Risultano inoltre particolarmente utili per prevenire le “ricadute”, ovvero il pericolo di ricadere nello stesso problema. Condividere periodicamente con altre persone che hanno sofferto dello stesso problema dei problemi legati al mantenimento di un buon equilibrio, aiuta a cogliere per tempo eventuali sintomi e ad affrontarli efficacemente.

 

 

farmaciLa Terapia Farmacologica

 

In tutti i casi in cui si renda consigliabile o necessario l’utilizzo di una terapia integrata farmacologico-psicoterapeutica, Centro Cogntivo si pone l’obbiettivo di collaborare attivamente con i medici di base, le strutture e gli specialisti che costituiscono già un riferimento per i pazienti, al fine di offrire un percorso terapeutco frutto di una reale condivisione multidiciplinare.

 

Nei casi in cui il paziente non abbia un referente medico-specialista, Centro cognitivo si avvale preferenzialmente della consulenza di due strutture

 

Alcuni sondaggi hanno evidenziato che 7 persone su 10 affermano di essere disposte ad assumere un farmaco analgesico per curare un mal di testa, mentre meno di 2 persone su 10 assumerebbero psicofarmaci nel caso avessero un disturbo depressivo.

Ancora oggi sfiducia e timore sono le più frequenti risposte nei confronti di una prescrizione psicofarmacologica.

I pregiudizi più diffusi rispetto all’assunzione di psicofarmaci riguardano:

 

  • il considerare i disturbi mentali come condizioni esistenziali estreme, momenti transitori di sofferenza che vanno affrontati con le proprie risorse psichiche, utilizzando volontà, coraggio e “forza d’animo”;
  • la convinzione che gli psicofarmaci modifichino, artificialmente e in modo permanente, comportamenti, pensieri ed emozioni, con una conseguente limitazione della libertà di essere ed esprimersi nel mondo;
  • il timore che l’assunzione conduca inevitabilmente alla dipendenza, al non poterne fare più a meno;
  • la paura che qualsiasi psicofarmaco possa causare gravi e pericolosi effetti collaterali (“più i danni che i benefici”).

Tutte queste posizioni rientrano in un fondamentalismo antifarmacologico oggi non più sostenibile se si considerano le attuali conoscenze scientifiche in ambito di disturbi psichici o le evidenze cliniche che sostengono l’importanza e l’efficacia di integrare, in molte patologie, l’uso di psicofarmaci alla psicoterapia o ai trattamenti socio-riabilitativi.

I disturbi mentali sono prima di tutto delle patologie, con diversa gravità, sintomatologia, decorso e prognosi.

Sottovalutare questi processi morbosi non è molto diverso dal considerare una meningite come un banale e transitorio malessere. A chi verrebbe in mente, nel caso di diagnosi di meningite, di rifiutare la terapia antibiotica?

Numerosi studi hanno dimostrato che gli psicofarmaci non sono in grado di modificare sensibilmente comportamenti, pensieri ed emozioni in soggetti sani; la complessa azione di queste medicine è quella di ristabilire un equilibrio laddove un processo patologico ha prodotto una perturbazione.

L’obiettivo quindi di questi farmaci è quello di ripristinare le condizioni preesistenti alla malattia, permettendo a ciascuno di continuare ad essere ed esprimersi come prima diammalarsi.

 

La dipendenza da psicofarmaci è accertata soltanto per alcune specifiche categorie (le benzodiazepine) e solo nel caso in cui l’assunzione avvenga in modo prolungato e senza il diretto controllo del medico.

Per quel che riguarda le altre classi di psicofarmaci una sospensione graduale e programmata non produce alcun tipo di problema.

Quanto agli effetti collaterali: quale farmaco ne è privo?

Nessuno, ovviamente.

Ciò che bisogna considerare è la frequenza con cui gli effetti avversi possono presentarsi e la gravità.

Non è quindi possibile fare un discorso generale ma vanno considerati i singoli farmaci, valutando, caso per caso, il rapporto tra quelli che possono essere i rischi e quelli che invece sono i benefici.

 

Classificazione dei farmaci

Gli psicofarmaci attualmente utilizzati nella pratica clinica possono essere raggruppati nelle seguenti categorie:

 

1.Antipsicotici

2.Antidepressivi

3.Stabilizzanti dell’umore

4.Ansiolitici e ipnoinducenti.

Antipsicotici

Sono utilizzati principalmente nelle patologie psicotiche e in particolare nelle psicosi schizofreniche, nelle psicosi organiche e nella fase maniacale del disturbo bipolare.

Gli antipsicotici possono essere utilizzati anche in alcuni disturbi di personalità, nel disturbo ossessivo-compulsivo resistente e nei disturbi depressivi con manifestazioni psicotiche.

I principali sintomi bersaglio su cui agiscono sono rappresentati dalle allucinazioni, deliri, agitazione psicomotoria, incoerenza e fenomeni dissociativi; con minore efficacia agiscono sul ritiro sociale, l’appiattimento affettivo e la chiusura autistica.

Il trattamento con antipsicotici è sempre di lunga durata; talvolta è necessario assumerli per tutta la vita.

L’azione dei farmaci antipsicotici è dovuta alla modulazione di alcuni sistemi neurotrasmettitoriali, con particolare riferimento ai sistemi dopaminergico e serotoninergico.

Attualmente gli antipsicotici sono classificati in tipici e atipici.

Antipsicotici tipici

Gli antipsicotici tipici sono stati i primi ad essere scoperti ed utilizzati nel trattamento delle psicosi; oggi sono poco utilizzati per i loro effetti collaterali.

Gli antipsicotici tipici comprendono farmaci come la Clorpromazina (Largatil), sintetizzata negli anni 50 e considerata il capostipite di questo gruppo, Promazina (Talofen), Trifluperazina (Modalina), Perfenazina (Trilafon), Flufenazina (Moditen), Aloperidolo (Haldol, Serenase), Amisulpuride (Solian), L-Sulpiride (Levopraid), Clotiapina (Entumin), etc.

Gli effetti collaterali di questo gruppo di farmaci sono:

■neurologici: ad insorgenza acuta (frequenza: 2.5-5%) ossia entro i primi 5 giorni (contrazioni spastiche dei muscoli del collo e del volto, crisi oculogire); a medio termine (frequenza: 20-40%) ossia entro il primo mese (parkinsonismo: rigidità articolare, tremori a riposo e rallentamento motorio); a lungo termine (frequenza: 24%) ossia dopo 2-3 anni di trattamento (discinesie: movimenti fini involontari del volto, delle labbra, della lingua, delle mani e delle dita);

■endocrini: aumento della prolattina che si manifesta con riduzione della libido, alterazioni del ciclo mestruale fino all’amenorrea, ginecomastia e galattorrea;

■cardiovascolari: riduzione della pressione sanguigna dalla posizione supina alla posizione eretta, alterazioni dell’ECG;

■ematologici: granulocitopenia transitoria;

■termoregolatori: Sindrome Maligna da Neurolettici (frequenza: 0.02-3.23%), una condizione seria e potenzialmente fatale ad insorgenza acuta caratterizzata da un brusco aumento della temperatura corporea, rigidità muscolare, alterazione dello stato mentale, tachicardia, ipotensione.

Antipsicotici atipici

Gli antipsicotici atipici, in particolare Risperidone (Risperdal), Olanzapina (Zyprexa), Quetiapina (Seroquel), Aripiprazolo (Abilify), sono considerati farmaci di prima scelta per il trattamento delle psicosi avendo una maggiore tollerabilità e non causando effetti collaterali di tipo neurologico.

In genere non aumentano la prolattina ad eccezione del Risperidone. Tra gli effetti collaterali più comuni ricordiamo la sonnolenza, aumento ponderale (soprattutto con Olanzapina), alterazioni dell’elettrocardiogramma (soprattutto con Quetiapina), iperglicemia, aumento delle transaminasi epatiche e ipercolesterolemia.

Anche gli antipsicotici atipici non sono del tutto esenti dal rischio di causare una Sindrome Maligna da Neurolettici.

Tra gli antipsicotici atipici un farmaco che occupa un posto a sé è la Clozapina (Leponex), considerata utile come trattamento di seconda scelta ossia per tutti quei pazienti che non rispondono o che non tollerano i farmaci descritti precedentemenete.

La Clozapina, sebbene molto efficace, è da utilizzare con estrema attenzione dal momento che è in grado di causare una granulocitopenia che nella maggioranza dei casi è reversibile dopo la sospensione del farmaco ma che talvolta può evolvere verso una condizione gravissima di agranulocitosi (frequenza: 0.8%). Per tale ragione quando si assume Clozapina è obbligatorio effettuare un emocromo a frequenza settimanale per le prime 18 settimane, quindi una volta al mese per tutta la durata del trattamento, sospendendo immediatamente il farmaco se il valore dei neutrofili scende sotto i 1500. Altri possibili effetti collaterali della Clozapina sono l’aumento ponderale, aumento della salivazione, sonnolenza e crisi convulsive.

Antidepressivi

I farmaci che appartengono a questa classe sono principalmente utilizzati nel trattamento dei disturbi dell’umore di tipo depressivo e nel disturbo distimico.

Alcuni antidepressivi, in particolare quelli con una azione anche sui sistemi serotoninergici, trovano largo utilizzo nei disturbi d’ansia.

Non andrebbero utilizzati nel trattamento degli episodi depressivi nel corso di un disturbo bipolare potendo causare un viraggio in un episodio maniacale o in un episodio misto.

I medicinali tra cui scegliere per trattare una depressione maggiore o un disturbo distimico sono attualmente molto numerosi.

Inibitori Selettivi della Ricaptazione della Serotonina (SSRI)

Gli SSRI in commercio in Italia comprendono Fluoxetina (Prozac), Paroxetina (Sereupin, Eutimil, Seroxat, Stiliden), Setralina (Zoloft), Fluvoxamina (Fevarin, Maveral), Citalopram (Seropram, Elopram, Mapram) ed Escitalopram (Cipralex), ultimo ad essere stato commercializzato.

Questi farmaci sono attualmente considerati di prima scelta nel trattamento dei disturbi depressivi data la loro sicurezza, efficacia e tollerabilità.

Sono molto efficaci e largamente utilizzati in alcuni disturbi d’ansia quali il disturbo da attacchi di panico con o senza agorafobia, il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo post-traumatico da stress, la fobia sociale e il disturbo d’ansia generalizzato e il disturbo ansioso-depressivo.

La Fluoxetina trova anche indicazione nel trattamento della bulimia nervosa.

Il loro meccanismo d’azione si esplica principalmente sui sistemi serotoninergici cerebrali.

Generalmente l’azione terapeutica di questi farmaci comincia ad essere apprezzabile dopo 4-5 settimane di assunzione regolare ed è per questo che spesso se ne avvertono prima gli effetti indesiderati che non i benefici.

Gli effetti collaterali più frequenti sono quelli precoci e transitori, che compaiono nei primi 7-10 giorni e si risolvono in modo spontaneo, anticipando spesso gli effetti terapeutici: ansia, disturbi gastrointestinali, cefalea, vertigini. Altri effetti indesiderati molto frequenti sono le disfunzioni sessuali (frequenza: 60-80%); tali disfunzioni sono lievi e transitorie. Le più frequenti sono il ritardo dell’orgasmo e un calo del desiderio; questi effetti spesso si risolvono mediante una riduzione della dose.

La sospensione improvvisa degli SSRI può causare l’insorgenza di vertigini, nausea, cefalea, ansia, insonnia e difficoltà respiratorie, pertanto è necessario procedere sempre ad una sospensione graduale.

Antidepressivi serotoninergici/noradrenergici

A questo gruppo appartengono la Venlafaxina (Efexor, Faxine) e la Duloxetina (Cymbalta, Xeristar).

La caratteristica principale di questi farmaci è quella di essere efficaci nelle depressioni gravi e di avere una latenza inferiore rispetto agli SSRI, dal momento che la loro azione antidepressiva può essere apprezzata tra la prima e la seconda settimana di trattamento.

Generalmente sono farmaci ben tollerati; le reazioni indesiderate che si manifestano con maggiore frequenza sono: nausea (37% dei soggetti trattati), ridotta salivazione (22%), vertigini (19%), ansia (6%), disfunzioni sessuali (18%). Un altro effetto collaterale da non sottovalutare soprattutto nei pazienti che assumono elevati dosaggi è l’aumento della pressione arteriosa; è necessaria quindi una particolare attenzione in pazienti ipertesi. Anche con questi farmaci è necessario, al termine della terapia, procedere ad una sospensione graduale.

Altro farmaco di questo gruppo è la Mirtazapina (Remeron). Rispetto agli SSRI e a agli antidepressivi descritti sopra la Mirtazapina non causa effetti collaterali gastrointestinali, ansia ed alterazioni della funzione sessuale. L’effetto indesiderato più comune è la sonnolenza ed un certo aumento dell’appetito.

Antidepressivi triciclici

Tali farmaci, tra cui ricordiamo Imipramina (Tofranil), Clorimipramina (Anafranil), Trimipramina (Surmontil), Desipramina (Nortimil) Amitriptilina (Laroxyl) etc., hanno rappresentato per molti anni i farmaci di prima scelta per il trattamento dei disturbi depressivi.

Attualmente sono poco utilizzati per la frequente insorgenza di effetti collaterali che ne controindicano l’uso in presenza di alcune patologie somatiche (glaucoma, ipertrofia prostatica, ileo paralitico, cardiopatie, epilessia).

Gli effetti collaterali più comuni sono rappresentati da: ridotta salivazione e lacrimazione, ridotta motilità intestinale, stitichezza e ritenzione urinaria; a livello cardio-vascolare l’effetto avverso più comune è il brusco abbassamento pressorio quando si passa dalla posizione supina a quella eretta che può accompagnarsi a perdita di coscienza, visione offuscata e capogiri. Ulteriori effetti indesiderati sono rappresentati da aumento ponderale, sonnolenza, disturbi della conduzione elettrica cardiaca, tremori, crisi epilettiche, disturbi sessuali.

Antidepressivi dopaminergici

Il meccanismo d’azione di questo gruppo di cui fanno parte Amisulpiride (Deniban) e L-Sulpiride (Levopraid) si basa su un potenziamento della trasmissione dopaminergica.

Trovano indicazione soprattutto nel disturbo distimico e nella depressioni che si accompagnano a disturbi gastrointestinali e ad altre somatizzazioni.

Le principali controindicazioni sono le malattie del sistema endocrino come prolattinomi, feocromocitoma e tumori mammari.

I più comuni effetti collaterali sono rappresentati dall’aumento dei livelli plasmatici della prolattina. L’iperprolattinemia, sempre reversibile, può essere asintomatica o causare riduzione della libido, galattorea, ginecomastia, disturbi del ciclo mestruale, impotenza.

Antidepressivi inibitori delle monoaminoossidasi (IMAO)

Gli IMAO sono antidepressivi poco utilizzati nella pratica clinica dal momento che richiedono particolari restrizioni alimentari. L’unico ad essere commercializzato nel nostro paese è la Tranilcipromina (Parmodalin).

Trovano indicazione, come farmaci di seconda scelta, in quei disturbi depressivi con caratteristiche atipiche (anergia, iperfagia, ipersonnia).

I più frequenti effetti collaterali sono l’ipotensione ortostatica, insonnia, aumento ponderale, edemi e disfunzioni sessuali.

Durante la terapia con IMAO vanno evitati cibi ricchi di tiramina (ad es. formaggio stagionato, carne e pesce essiccati, frattaglie, alcolici etc.) perché in grado di causare crisi ipertensive potenzialmente fatali. Le restrizioni alimentari vanno continuate anche per almeno 2 settimane dopo la sospensione del trattamento.

Gli IMAO sono inoltre responsabili di gravi interazioni con vari altri farmaci, in particolare non vanno somministrati in associazione con altri antidepressivi o con farmaci con effetto depressivo sul Sistema Nervoso Centrale, compresi alcool e barbiturici.

Stabilizzatori dell’umore

Gli stabilizzatori dell’umore sono tutti quei farmaci che trovano indicazione nel trattamento del disturbo bipolare.

Un farmaco per poter essere definito stabilizzatore del tono dell’umore deve essere efficace nel trattamento degli episodi maniacali, misti o depressivi del disturbo bipolare, e/o deve prevenire l’insorgenza di nuovi episodi nel trattamento a lungo termine. Alcuni stabilizzatori sono in grado di svolgere entrambe le funzioni, ossia trattare gli episodi acuti e prevenire le ricadute.

Sali di Litio

Il litio (Carbolithium) è stato il primo farmaco ad essere utilizzato come stabilizzatore dell’umore; inizialmente si riteneva che fosse efficace solo nel trattare l’episodio maniacale, in realtà si è dimostrato molto efficace anche nel trattamento degli episodi depressivi del disturbo bipolare e nella prevenzione delle ricadute.

La terapia con sali di litio è generalmente molto lunga in modo da permettere una notevole riduzione del numero, intensità e durata delle fasi acute del disturbo bipolare. Nel corso di un episodio di eccitamento maniacale il litio è associato ad un antipsicotico come Olanzapina, Risperidone, Quetiapina o Aloperidolo, dal momento che richiede circa 2 settimane prima di determinare un miglioramento clinico.

La terapia con litio richiede particolari attenzioni dal momento che questo farmaco è potenzialmente molto tossico; innanzitutto prima di iniziare un trattamento è necessario eseguire esami che valutino la funzionalità renale e tiroidea, un elettrocardiogramma con una visita cardiologia, un emocromo con dosaggio degli elettroliti plasmatici.

Durante il trattamento è invece necessario dosare la concentrazione di litio nel sangue per mantenerne costanti i valori terapeutici (Litiemia: 0.4-1 mEq/l) e per essere sicuri di assumere la dose corretta. In genere il dosaggio va effettuato una volta a settimana per 1-2 mesi, poi una volta al mese per 6-8 mesi e in seguito una volta ogni 2-3 mesi.

La litiemia deve inoltre essere valutata in presenza di particolari condizioni quali febbre o assunzione di farmaci diuretici, che possono causare un pericoloso accumulo di litio nel sangue. La tossicità del litio, che si manifesta quando i livelli nel sangue superano i 1.5-2 mEq/l, si presenta con vertigini, tremori, dolori addominali, visione offuscata, nausea, confusione mentale; in presenza di questi segni è necessario valutare la litiemia.

Per rendere sicuro l’utilizzo di questo farmaco molto utile ed efficace è inoltre necessario effettuare periodicamente un elettrocardiogramma ed esami ematici che valutino la funzionalità renale e gli ormoni tiroidei.

I più importanti effetti collaterali che si manifestano durante terapia con litio sono:

■disturbi gastrointestinali (nausea, dolori addominali, diarrea, etc); si manifestano generalmente in fase iniziale e tendono progressivamente ad attenuarsi;

■tremori fini agli arti superiori

■aumento del peso corporeo

■poliuria e polidipsia

■alterazioni dell’elettrocardiogramma (dovuti ad una riduzione delle concentrazioni di potassio nel sangue)

■ipotiroidismo

■alterazioni della funzionalità renale.

Acido Valproico

Anche l’acido valproico o valproato di sodio (Depakin) è considerato un farmaco di prima scelta per il trattamento del disturbo bipolare, pur essendo utilizzato anche come farmaco anticonvulsivante.

Tale farmaco è efficace nel trattamento degli episodi maniacali e per il mantenimento e prevenzione delle ricadute. A differenza del litio, non è efficace invece nelle prevenzione degli episodi depressivi del disturbo bipolare.

L’azione antimaniacale dell’acido valproico è più rapida rispetto al litio, con controllo dei sintomi maniacali entro la prima settimana di terapia.

Anche per quel che riguarda tollerabilità e profilo degli effetti collaterali il valproato di sodio risulta più sicuro.

La somministrazione contemporanea di litio e acido valproico determina un potenziamento dell’efficacia di entrambi i farmaci.

I più comuni effetti indesiderati sono: nausea, vomito, dispepsia, diarrea, tremori, sonnolenza, disturbi del linguaggio e perdita di capelli.

In caso di trattamento prolungato è frequente un aumento di peso che può essere facilmente controllato attraverso esercizio fisico e dieta ipocalorica.

Gli effetti collaterali più pericolosi ma al tempo stesso assai rari sono la tossicità al livello epatico e pancreatico; per tali ragione è necessario eseguire periodicamente esami ematochimici che valutino la funzionalità dei due organi.

Carbamazepina

La Carbamazepina (Tegretol) è un farmaco antiepilettico efficace anche nel trattamento della mania in fase acuta e nella profilassi degli episodi maniacali del disturbo bipolare.

L’effetto antimaniacale è in genere rapido e si manifesta a partire dalla prima settimana di trattamento.

La Carbamazepina è generalmente ben tollerata a parte lievi effetti gastrointestinali che possono essere limitati con un progressivo aumento della dose. Tali effetti gastrointestinali, abbastanza comuni, sono nausea, vomito, fastidio gastrico e diarrea; a differenza del Litio e dell’Acido Valproico, la Carbamazepina non causa un aumento del peso corporeo.

Gli effetti collaterali più rari e più gravi sono l’inibizione sulla produzione di cellule ematiche (agranulocitosi e anemia aplastica in 1/125000 trattati), epatite e gravi problemi dermatologici. Dati questi gravi effetti potenziali è necessario un monitoraggio dei parametri ematici durante il corso della terapia.

Un’altra avvertenza in chi utilizza la Carbamazepina è la frequente interazione con altri farmaci. In genere la Carbamazepina riduce le concentrazioni nel sangue di altre medicine eventualmente assunte riducendone l’efficacia; ad esempio in chi utilizza contraccettivi orali è possibile una incerta protezione rispetto ad eventuali gravidanze.

Olanzapina

L’Olanzapina (Zyprexa), già descritto tra gli antipsicotici atipici, è stato recentemente dimostrato avere anche efficacia come farmaco stabilizzatore dell’umore; in particolare può essere utilizzata come antimaniacale e per la prevenzione degli episodi maniacali o depressivi nel corso del disturbo bipolare.

Lamotrigina

La Lamotrigina (Lamictal) è un anticonvulsivante risultato efficace anche nella prevenzione degli episodi depressivi del disturbo bipolare.

I più comuni effetti collaterali sono le vertigini, la cefalea, la sonnolenza e l’offuscamento della vista. Come la Carbamazepina, anche questo farmaco può causare alterazioni cutanee potenzialmente a rischio per la vita, pertanto è necessario porre grande attenzione alla comparsa di qualsiasi lesione cutanea.

Ansiolitici e ipnoinducenti

Rappresentano gli psicofarmaci più prescritti nel mondo ma anche i più controversi dal momento che sono potenzialmente molto rischiosi.

Appartengono a questo gruppo le benzodiazepine (BDZ) e gli ipnotici non benzodiazepinici.

L’effetto ansiolitico e/o ipnotico può essere ottenuto anche da altri farmaci quali antistaminici, alcuni antipsicotici e alcuni antidepressivi.

Benzodiazepine (BDZ)

Le Benzodiazepine sono farmaci con azione sedativo-ipnotica. Per azione sedativa si intende la riduzione dell’ansia e dell’agitazione psicomotoria; per azione ipnotica ci si riferisce alla capacità di induzione e mantenimento del sonno. In genere le BDZ sono sedative a basse dosi e ipnotiche ad alte dosi.

Il loro uso è molto limitato a causa della facilità con cui inducono fenomeni di tolleranza e dipendenza.

Per tolleranza si intende l’effetto per cui è necessario aumentare progressivamente il dosaggio di un farmaco per ottenere la stessa azione terapeutica, in precedenza raggiunta a dosi più basse.

La dipendenza è invece la necessità di assumere continuativamente un farmaco per evitare l’insorgenza di una sindrome da astinenza; nel caso delle BDZ la sindrome astinenziale o da sospensione si manifesta con ansia, irritabilità, crampi, tremori, sudorazione e vertigini.

Quando le BDZ vengono utilizzate per brevi periodi (1-2 settimane) e sotto lo stretto controllo medico la probabilità di sviluppare tolleranza e dipendenza si riduce.

In soggetti con una particolare predisposizione (ad es. pazienti dipendenti da altre sostanze) è possibile che possa un comportamento di abuso, ossia una modalità patologica di assunzione della sostanza che determina problemi e conseguenze avverse (difficoltà lavorative, problemi legali e relazionali).

Generalmente le BDZ si distinguono in:

BDZ a prevalente uso ansiolitico, come Diazepam (Valium, Ansiolin, Tranquirit), Clordemetildiazepam (En), Lorazepam (Tavor, Control, Lorans), Prazepam (Prazene), Alprazolam (Xanax, Frontal, Mialin), Bromazepam (Lexotan), Clonazepam (Rivotril) etc;

BDZ a prevalente uso ipnotico, tra cui Lormetazepam (Minias), Triazolam (Halcion), Flurazepam (Felison, Dalmadorm), Temazepam (Normison), etc.

L’effetto indesiderato più comune è la sonnolenza (10% dei pazienti trattati) ed è per questo che bisogna fare attenzione nella guida di veicoli o nell’uso di macchinari pericolosi; nelle BDZ ad uso ipnotico la sonnolenza può protrarsi anche durante il giorno. La sonnolenza può essere ancora più marcata se si assume alcool, con rischio di depressione respiratoria.

Alcune persone lamentano anche incoordinazione e vertigini; nei soggetti anziani questi effetti possono causare cadute e traumi osteo-articolari.

Alcune BDZ ad elevata potenza (ad es. Triazolam) possono causare amnesie, soprattutto negli anziani.

Una buona regola è quella di evitare la prescrizione di BDZ in soggetti anziani, epatopatici, alcolisti, tossicodipendenti e pazienti affetti da broncopneumopatie croniche e apnee notturne.

Dati gli effetti avversi di questi farmaci ma soprattutto a causa della elevata frequenza con cui inducono tolleranza e dipendenza, si ritiene che l’uso debba essere limitato il più possibile.

Bisogna sempre ricordare e riflettere sulla possibilità di trattare i disturbi d’ansia con la psicoterapia cognitivo-comportamentale o con farmaci con un miglior rapporto rischi benefici(ad es. SSRI).

Lo stesso può dirsi per l’insonnia, controllabile anche attraverso specifici programmi non farmacologici.

Ipnotici non benzodiazepinici

Sono farmaci ad azione molto selettiva con pochi effetti collaterali e con scarsa capacità di indurre fenomeni di tolleranza o sintomi astinenziali alla sospensione.

Tra questi vanno ricordati lo Zolpidem (Stilnox, Niotal) che oltre ad una azione sedativa possiede anche una lieve attività di rilassamento sulla muscolatura, lo Zopiclone (Imovane)e lo Zaleplon (Sonata).

Consigli utili

1.Gli psicofarmaci devono essere prescritti esclusivamente da Medici Psichiatri con specifiche competenze.

2.Lo Psichiatra responsabile del trattamento psicofarmacologico deve essere facilmente rintracciabile per poter discutere qualsiasi dubbio o preoccupazione relativo ai farmaci prescritti.

3.Lo Psichiatra responsabile del trattamento psicofarmacologico deve essere in grado di collaborare attivamente con il Terapeuta che conduce una eventuale psicoterapia.

4.Gli psicofarmaci vanno utilizzati in presenza di una precisa indicazione clinica, per il minor tempo possibile e alla dose minima efficace.

5.Nella scelta del farmaco è necessario considerare sempre gli eventuali effetti collaterali, tenendo conto il più possibile della qualità di vita di chi li utilizza; bisogna garantire a tutti il normale svolgimento delle proprie attività quotidiane.

6.Qualsiasi effetto indesiderato va prontamente comunicato allo Psichiatra responsabile del trattamento psicofarmacologico, così come qualsiasi decisione circa la sospensione della terapia.

7.L’uso di bevande alcoliche o di droghe deve essere evitato per le possibili interferenze con l’azione degli psicofarmaci.

8.L’uso di psicofarmaci andrebbe sempre evitato durante il primo trimestre di gravidanza o nel caso di allattamento al seno. Nel caso di un grave disturbo psichiatrico è necessario valutare attentamente il rapporto rischi/benefici; in alcune circostanze può essere indispensabile l’assunzione di psicofarmaci in gravidanza e durante l’allattamento al seno.

9.Gli anziani dovrebbero assumere dosi ridotte, di norma metà della dose abituale.

10.In presenza di malattie internistiche bisognerebbe iniziare con dosi iniziali basse da aumentare progressivamente.

Fonte: http://www.terzocentro.it
Un approfondimento completo sulle terapie farmacologiche nei disturbi d’ansia e dell’umore:

http://ansia-depressione.sirius.pisa.it/AD/depressione/TERAPIA.html